La prevenzione in psichiatria
(di Fiorentino Trojano)
Prevenzione secondaria
Essa va intesa come quell’insieme di misure e interventi che servono a ridurre la prevalenza dei casi psichiatrici, mediante la
diminuzione della durata media dei disturbi psichici che si può ottenere con una diagnosi precoce, un trattamento efficace e
l’identificazione di soggetti a rischio.
Le osservazioni epidemiologiche, infatti, inducono a ritenere che luoghi privilegiati per la prevenzione psichiatrica, soprattutto
secondaria, siano gli ambulatori e i reparti di medicina generale e specialistica, sia per i disturbi psicopatologici preesistenti al ricovero
o alla consultazione, sia per quelli che possono insorgere in seguito alle vicende di una malattia somatica e alle terapie ricevute.
In questa fase della prevenzione secondaria il medico di base è chiamato direttamente in causa attraverso la sua provata capacità di
sceverare l’organico dal funzionale, la lamentazione ipocondriaca dalla vera sofferenza somatica, il cattivo umore dall’incipiente
stato depressivo.
Tutto questo presuppone un’adeguata qualificazione professionale durante il corso di studi in medicina che dovrebbe essere sempre più mirato
al medico di base, in modo da fornirgli gli strumenti del sapere adatti all’opera di prevenzione cui è chiamato.
Una delle funzioni che egli può svolgere in questo ambito è costituita dal riferimento precoce del paziente psichiatrico ai presidi
sanitari in grado di curarlo adeguatamente e tempestivamente.
Secondo i dati dell’OMS si calcola che il 25% della popolazione mondiale soffre nell’arco della propria vita di disturbi
mentali. Di questi, il 17% sono disturbi lievi e transitori, che possono anche risolversi autonomamente, mentre
l’8% è rappresentato da disturbi persistenti, il 2-3% dei quali, gravi.
I dati statistici testimoniano infatti che i disturbi mentali riguardano un adulto ogni cinque, coinvolgendo circa
450 milioni di persone a livello mondiale, 93 milioni in Europa e 2.200.000 persone in Italia.
Circa il 50 per cento di tali disturbi si presenta in condizioni di comorbilità .
I pazienti con disturbi psichici rappresentano il 25-35% del totale di coloro che si recano negli ambulatori dei medici di base.
Più di un terzo di questa popolazione viene trattato come malato organico perché la sofferenza emotiva non viene identificata.
Il medico di famiglia, infatti, si trova nella posizione migliore per identificare precocemente i soggetti affetti da disturbi psichici: da uno studio dell’O.M.S. effettuato nell’area di Verona è emerso che i disturbi psichici, definiti secondo i criteri ICD-10 (Classificazione Internazionale delle Malattie) erano presenti nel 12,4% dei pazienti che si rivolgevano al medico di famiglia e che i sintomi psicopatologici, indipendenti da qualsiasi criterio di classificazione clinica, venivano riferiti nel 56,6% dei soggetti.
Un importante risultato di questa collaborazione è (superate le resistenze cui si accennava) la capacità di invio
in consulenza ai servizi specialistici. Saraceno ha trovato che il tasso di invio allo specialista si situa in Italia tra il 8,5% e
il 22%.
La morbilità psichiatrica nella medicina di base è circa 10 volte maggiore di quella esistente nei servizi specialistici, ma la
maggior parte di questi pazienti non raggiungerà mai la struttura specialistica, in parte perché
1 non viene riconosciuto dai medici di base, l’elemento essenziale deriva dal’incapacità di sceverare l’organico dal funzionale
2 per i pregiudizi che tengono i pazienti lontani dagli psichiatri, ancora considerati i medici dei matti.
3 carente interazione tra i MMGG e i DSM
4 scadente informazione sulla tipologi di trattamenti forniti dai DSM
A fronte della rilevante diffusione della patologia, i servizi disponibili sul territorio nazionale sono, nel complesso, assolutamente inadeguati a fornire una risposta alla domanda di assistenza proveniente dai cittadini: si stima, infatti, che i servizi psichiatrici trattino solo il 10 per cento delle persone che in un anno presentano disturbi psichiatrici
Da una maggiore integrazione tra medici di famiglia e psichiatri ci si aspetta un maggiore adattamento degli utenti ad ammettere
l’esistenza del disagio mentale e la possibilità di affrontarlo abbandonando leggende e prevenzioni2
I generalisti e gli psichiatri lavorano in collaborazione con frequenza sempre maggiore nella nostro tempo in cui si enfatizza
la necessità di cure interdisciplinari; i principale obbiettivi sono il miglioramento della qualità degli interventi e la riduzione
dei costi.
Regione Veneto
Emerge la necessità di definire con attenzione il rapporto con i MMG che hanno un ruolo centrale nella
appropriatezza degli invii ai CSM e nella continuità di gestione dei pazienti.
Il ruolo del MMG è particolarmente rilevante nella individuazione dei casi “a rischio”, nella richiesta di interventi
precoci rispetto a esordi psicopatologici, nella azione di indirizzo e sostengo a paziente e famiglie, nella
gestione delle urgenze.
Molte patologie di pertinenza psichiatrica, richiedono una presa in carico da parte dei servizi del DSM,
ma molte possono essere gestite e risolte con una integrazione con il MMG curante dell’assistito per una presa
in carico “condivisa”.
In molte situazioni poi la collaborazione con il MMG è centrale sia per la sinergia degli interventi sia per la
gestione degli aspetti somatici della salute del paziente.
I rapporti di collaborazione con i MMG debbono essere sviluppati attraverso protocolli,
tenendo presente tre elementi:
a. sportello per i MMG;
b. consulenza telefonica per eventuali urgenze;
c. rapporto forte dato di una organizzazione della equipe in team di lavoro, che finisce per raccordarsi
principalmente con i MMG che lavorano su quello specifico territorio
I MMG stanno sempre più sviluppando potenzialità nella salute mentale – ad esempio i corsi di
counseling – e con cui è importante stabilire rapporti fondati di collaborazione.
Il DSM deve infine rappresentare un riferimento per la Medicina Convenzionata (MMG, PLS, CA) per l’attività
di formazione e aggiornamento su tematiche condivise.
Emilia Romagana
Integrazione del DSM con i medici di medicina generale e di pediatria
Il Programma Salute Mentale 2002-2004 considera strategico il rapporto del DSM con i Medici di medicina generale e di pediatria, proprio per la loro possibilità di diventare un punto di risposta qualificato per il disagio live Obiettivi 2002
• Strutturare maggiormente in àmbito distrettuale i percorsi assistenziali per il disagio psichico nella malattia psichiatrica minore. La modalità di relazione tra Distretto e DSM è il presupposto per uno stabile rapporto ed una reale integrazione fra la medicina generale e la psichiatria nell’àmbito dei nuovi modelli di organizzazione dei NCP del DCP e il DSM con le sue articolazioni territoriali, mediante:
– attivazione del Servizio di consultazione per i medici di medicina generale presso tutti i Centri di Salute Mentale dei DSM;
– partecipazione delle Aziende al progetto regionale per la NPEE: «Integrazione fra NPEE e Pediatria».
• Migliorare l’appropriatezza prescrittiva in merito ai medicinali antidepressivi, la cui prescrizione è soprattutto territoriale; è necessario facilitare:
la consulenza alla medicina generale da parte del DSM sui criteri di diagnosi delle patologie, sulla gestione complessiva del paziente, sull’utilizzo dei medicinali antidepressivi tradizionali ed ad alto costo
3.1 Il Presidio Territoriale di assistenza (PTA) e il ruolo dei MMG, dei PLS e dei Medici di Continuità
Assistenziale
Il P.T.A. è una nuova formula di organizzazione dell’assistenza concepita per facilitare il percorso assistenziale ai
cittadini, che pone al centro innanzitutto la persona nel suo accesso ai servizi e nel suo iter assistenziale
complessivo, sia verso le componenti assistenziali all’interno del sistema di Cure Primarie (MMG e PLS), sia
verso la collaborazione con le Amministrazioni locali per il soddisfacimento di bisogni di natura socio-sanitaria.
le funzioni di partecipazione degli utenti e delle associazioni di tutela dei diritti del cittadino;
l’integrazione dell’offerta espressa dall’intero sistema pubblico e privato accreditato;
il supporto allo sviluppo di un sistema di rete di collegamento tra strutture territoriali e strutture specialistiche
di riferimento mediante l’uso di sistemi telematici
La rete territoriale dovrà essere sviluppata secondo una concezione dinamica dell’assistenza che assicuri
l’integrazione verticale tra i nodi della rete e possa essere modificata sulla base dell’evoluzione, ovvero
dell’obsolescenza delle tecnologie, delle conoscenze e competenze professionali e gestionali.
Le performance clinico-assistenziali per la diffusione di buone pratiche evidence-based
Appare opportuno sottolineare l’importanza di questo processo per garantire risultati di efficienza, legati sia
all’appropriatezza del setting, sia all’appropriatezza prescrittiva, risultati di efficacia documentabile, legati alla
riduzione della frequente variabilità nella gestione clinica dei pazienti, ed infine risultati in termini di sicurezza
del paziente, legati alla riduzione delle pratiche superflue.
Un valore aggiunto da considerare nei processi di rivisitazione critica delle performance è, inoltre, quello della
generazione di apprendimento per i professionisti attraverso la condivisione del sapere, l’analisi delle evidenze
scientifiche e la loro assunzione nella pratica quotidiana.