Caterina Cirelli
TURISMO URBANO E DISABILITÀ
Caterina Cirelli
il più superficiale, l’orecchio e il
gusto i più arroganti, il profumo
più voluttuoso, il più superstizioso e
più variabile, il tatto il più
profondo e filosofico (D. Diderot)
(Testo dell’intervento svolto nella giornata di studio “Sicilia Accessibile – l’offerta turistica per i diversamente abili in Sicilia” organizzata dalla Fondazione Giovanni Amato Onlus in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Metodi Quantitativi Università di Catania. Venerdì 21 ottobre 2011 – Facoltà di Economia – Catania)
L’attenzione verso il rapporto tra fruizione, anche turistica, di un territorio e disabilità ha origini molto recenti. Solo nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato infatti la Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità ed Handicap (ICDH), un sistema di catalogazione delle conseguenze delle malattie e delle menomazioni. Successivamente (1997 e 2001) si è avuta una revisione della classificazione che ha conferito la giusta importanza ai contesti sociali, ambientali e urbani, inizialmente del tutto trascurati. Da queste iniziative ha preso avvio una nuova forma di interesse verso le opportunità dei disabili che ha condotto anche alla elaborazione di provvedimenti legislativi ad hoc, tra cui il recente D.M. del 28 marzo 2008 che presenta “Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale” rivolte non solo ad architetti e ingegneri, ma anche a funzionari di amministrazioni pubbliche o liberi professionisti, che devono affrontare il tema dell’accessibilità in luoghi di interesse culturale (Marafini, 2009).
Con questa importante “rivoluzione” la situazione di handicap è finalmente riconcettualizzata tenendo presente la fondamentale interazione fra le caratteristiche del soggetto disabile e le peculiarità dell’ambiente. Il disabile, in sostanza, alla luce delle nuove riflessioni sul tema, deve avere la possibilità di interagire con il contesto di appartenenza, ovvero la famiglia, la scuola e soprattutto la città, il luogo in cui sono presenti le maggiori opportunità di socializzazione, di fruizione dei beni culturali, di partecipazione in senso lato.
Jean-Pierre Lozato-Giotart, nello studiare le motivazioni generatrici di flussi turistici, attribuisce grande importanza agli aspetti irrazionali, oggi oggetto di grande attenzione delle politiche turistiche di gestione e di marketing. A tal proposito il geografo francese ha anche elaborato un albero dei sensi che comprende la maggior parte delle motivazioni turistiche e che dà molto peso ai già citati elementi irrazionali, come il sogno, il desiderio o la psiche (figura 1).
Fig. 1: l’albero dei sensi
Fonte: Lozato-Giotart, 2008, p.19
Nell’albero dei sensi le componenti non razionali presenti nella chioma sono però sostenute dal tronco, elemento portante e che simboleggia la concretezza delle pratiche turistiche, ovvero dai diversi sensi che permettono al turista di interagire con il mondo circostante. In sintesi i sensi consentono di “camminare”, secondo lo schema dell’albero dei sensi, all’interno del territorio turistico. Quest’ultimo elemento è la base tangibile del sistema turistico, la realtà visitabile. È presente una netta linea di demarcazione tra il “territorio turistico” e il resto delle componenti dell’albero. Ciò significa che possono esservi dei limiti al raggiungimento della piena soddisfazione da parte del turista, oppure che il territorio turistico in alcuni casi può essere respingente nei confronti dei fruitori. Proprio qui, al confine tra il “camminare” e il territorio di fruizione turistica è necessario introdurre il concetto chiave di accessibilità e fruibilità, cioè la facilità di accesso ai luoghi di interesse e completo utilizzo dei servizi turistici (Di Sivo et alii, 2005).
Si tratta di riflessioni, come anticipato, molto recenti e che determinano il carattere della società moderna che è maggiormente dotata di senso di responsabilità civile.
L’accessibilità
Cosa è più esattamente l’accessibilità?
È l’opportunità che ha una persona di spostarsi, circolare, vivere un territorio nella sua totalità. Ma la crescita della città in passato spesso ha seguito criteri poco coerenti con questa logica ed ha introdotto così motivi di repulsione nei confronti delle persone con bisogni speciali. La città sovente è divenuta non solo un labirinto pieno di difficoltà, ma anche lo specchio e il simbolo della scarsa considerazione nei confronti delle persone con bisogni speciali. Queste spesso hanno preferito e preferiscono non vivere la città solo al pensiero dei tanti disagi presenti sul territorio: non solo i marciapiedi occupati da auto o comunque impraticabili per la scarsa manutenzione o per misure poco adeguate, ma anche l’impossibilità di accesso ai luoghi a causa della dominante presenza di scale, della mancanza di servizi igienici ad hoc o di autobus che non permettono l’accesso ai disabili. Il livello di accessibilità è direttamente proporzionale al livello di soddisfazione delle condizioni basiche di mobilità.
Raggiunta la struttura da visitare il turismo urbano può essere ostacolato da lacune nei collegamenti orizzontali e in quelli verticali. I primi si riferiscono ai percorsi esterni di pertinenza degli edifici, accessi, percorsi interni o corridoi, mentre dei secondi fanno parte le scale, le rampe o i dispositivi meccanici come gli ascensori (Diodati, 2007, pp.181-210).
In concreto quali sono le cosiddette “esigenze speciali”? Le disabilità sono in realtà molteplici, spesso poco opportunamente ricondotte a poche tipologie. Se volessimo proporre una generalizzazione potremmo individuare le seguenti disabilità:
-
fisico-motoria
-
intellettiva
-
sensoriale
Tuttavia alcune patologie o situazioni di fatto possono compromettere una corretta e completa fruizione turistica. Dunque altri soggetti a cui dedicare attenzione speciale possono essere gli anziani, le donne in gravidanza, i cardiopatici… Per alcune di queste categorie è semplicemente necessario che vi sia la possibilità di attivare prontamente i servizi di emergenza richiesti al verificarsi di un evento (ad esempio una crisi epilettica o asmatica). Persino la presenza di un bambino e del relativo passeggino può rappresentare un ostacolo alla fruizione.
Il turismo accessibile
L’accessibilità dunque è il primo e più importante ostacolo alla fruizione turistica da parte del disabile e il turismo accessibile è per l’appunto l’insieme di servizi e strutture che consentono al disabile una fruizione turistica senza ostacoli.
Turismo Accessibile, secondo il documento applicativo del manifesto del turismo accessibile, in sostanza significa: stesso prezzo, stessa città, più turisti! Stesso prezzo perché i disabili pagheranno lo stesso prezzo di qualsiasi altro turista, nonostante i servizi a loro dedicati; stessa città poiché la città deve essere in grado di poter ospitare e accogliere tutti; più turisti in quanto se il disabile diventa un turista egli contribuisce significativamente ad accrescere il flusso turistico. Come è stato evidenziato nel Rapporto 2008 di Unioncamere sulle dinamiche del mercato turistico “il turismo accessibile è una torta che si sovrappone perfettamente sopra a quella del mercato più generale del turismo” (Unioncamere, 2009, p.277).
Se pensiamo che nell’Unione Europea i cittadini con mobilità ridotta sono circa 70 milioni si comprende quanto sia importante una seria riflessione sul rapporto tra fruizione turistica e disabilità.
Si tratta molto semplicemente del concetto, già sviluppato nel Regno Unito alla fine degli anni ‘80, di “Turismo per tutti”. Il rapporto “Tourism for all” del 1989 era infatti rivolto all’industria del turismo e a tutti i relativi operatori al fine di approntare proposte turistiche che tenessero conto di tutte le diverse esigenze speciali.
Moreno Zago ha puntualizzato che la vacanza è un valore che non ammette esclusioni. Il turismo consente agli individui di “esprimere la propria individualità, soddisfare i diversi desideri di realizzazione, di esplorazione e di conoscenza di nuovi mondi per affrontare nuove avventure” o anche di “far nulla” (Zago, 2008, p.179). Il turismo accessibile richiede la capacità, da parte non solo dell’impresa turistica, di proporre soluzioni tecnologicamente avanzate. Ciò implica la specializzazione tecnica degli attori coinvolti nel settore del turismo e dunque l’abbandono di pratiche, per così dire, di improvvisazione. La formazione degli operatori è dunque un tassello importante per la realizzazione del turismo per tutti.
Emerge dunque chiaramente il ruolo fondamentale delle risorse umane come elemento di raccordo tra domanda e offerta.
“Realizzare un’offerta reale di turismo accessibile significa migliorare i servizi di accoglienza ed assicurare l’accessibilità della ricettività, del trasporto e della mobilità, della ristorazione e del tempo libero; significa mettere in collegamento fra loro tali servizi in modo da renderli realmente utilizzabili, senza discontinuità e in modo da dare alle persone che hanno bisogni speciali e alle loro famiglie un ampio grado di autonomia nella fruizione turistica” (Fauzzi, Novembre, Pellagra, 2008, p.111). Solo un sistema turistico accessibile, capace di accogliere fruitori con diverse tipologie di disabilità e capace di saper promuovere proposte coinvolgenti, può garantire una significativa affluenza di turisti con bisogni speciali.
In realtà il problema potrebbe anche non esistere se si iniziasse a progettare un’offerta turistica per tutti, applicando modelli o seguendo esperienze di successo che hanno eliminato il concetto di “progetto speciale” a favore di un “progetto normale”. La normalità risiede infatti nel pensare a tutti, nel dare a tutti la medesima opportunità.
Tra le diverse esperienze progettuali avviate negli ultimi anni citiamo il progetto CARE (Città Accessibili della Regione Europea), finanziato all’interno del programma comunitario Interreg III. L’obiettivo del progetto, che ha l’Emilia Romagna come regione capofila, intende condividere a livello internazionale alcune strategie di sviluppo delle città facendo leva sul concetto di accessibilità per adattare le risorse territoriali alle esigenze di tutti gli utenti con esigenze speciali. Dal punto di vista della formazione sono interessanti due progetti: il progetto “Italia paese per tutti”, che prevede cicli di formazione ai temi del turismo accessibile organizzati dall’EBIT (Ente Bilaterale Industria Turistica) e il progetto EU.FOR.ME. che dedica attenzione alla formazione nelle scuole, università e nei centri di formazione che offrono programmi sul turismo (Eu. For. Me, 2005).
Nuovi termini per un tema antico
L’evoluzione della terminologia è andata di pari passo con l’evoluzione di certi atteggiamenti e con il superamento di forti pregiudizi. Si pensi che fino a poco tempo fa i bambini disabili erano confinati in scuole speciali o classi differenziali. Si cominciò a parlare d’integrazione scolastica solo negli anni ‘70 sulla falsa riga dei paesi scandinavi e degli Stati Uniti.
In pochissimi anni vi è stata una evoluzione del pensiero e delle politiche nei confronti dei disabili. In passato ad esempio si credeva che il problema fondamentale del disabile fosse quello di transitare da un luogo all’altro e raggiungere una toilette. I desideri, le emozioni e le ambizioni dei disabili erano poste certamente in secondo piano.
Oggi si parla infatti di realizzare una società inclusiva, una scuola inclusiva. In linea infatti con la Convenzione ONU del 2005, il termine Integrazione verrà lentamente sostituito con il termine più esaustivo di inclusione. Si tratta cioè di guardare con attenzione prima il contesto e poi l’individuo, rendere cioè l’ambiente circostante, la città ad esempio, idoneo all’inclusione di chi è in difficoltà, per abbattere le barriere che limitano la piena partecipazione, nei diversi contesti, dei disabili.
È evidente che lo scenario ideale per la messa in pratica delle nuove azioni e delle politiche a favore della disabilità è rappresentato dalla città. Non solo luogo di incontro, di scambi e di vitalità, ma anche sede delle maggiori opportunità culturali. La fruizione della città da parte dei disabili è sempre stato un tema generalmente poco considerato per le apparenti difficoltà ritenute “oggettive” e dunque non superabili, le note barriere architettoniche. Marciapiedi, scale, traffico e difficoltà di trovare un posto in cui parcheggiare hanno da sempre rappresentato i primi impedimenti per la fruizione della città. Ma non solo questo! L’assenza di informazioni e strumenti di comunicazione (Braille e LIS in primis) hanno impedito in passato anche psicologicamente l’avvicinamento del disabile alla fruizione urbana e turistica in generale. Oggi si assiste ad un lento ma significativo cambiamento: innanzitutto, come accennato in precedenza, esiste una buona normativa: la Legge 27/04/1978 n°384 e il D.M. 14/06/1989 n°236, riguardante le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche.
È necessario oggi un approccio globale e condiviso all’accessibilità, disciplinato da una legislazione sovranazionale. È altresì fondamentale uno sforzo nel miglioramento della comunicazione a diversi livelli poiché nonostante le importanti conquiste degli ultimi anni ancora oggi numerose sono le battaglie da vincere e i pregiudizi da superare per garantire il pieno inserimento nella società delle persone disabili.
Riflessioni
L’obiettivo dell’abbattimento della discriminazione, del mancato rispetto delle pari opportunità, specchio della violazione dei diritti umani e civili è di primaria importanza. Appare in tal senso chiaro che la scuola deve diventare un autentico laboratorio pedagogico che si configura come luogo di esperienza e proiezione del sé. Il problema fondamentale non è dunque la diversità o la disabilità o ancora l’eccellenza di cui ogni allievo può essere portatore, ma la qualità dell’agire pedagogico. La scuola, come la città, deve essere inclusiva.
Perché non partire proprio dalla particolarità di alcune esigenze per formulare una proposta turistica onnicomprensiva ovvero aperta a tutti? Il problema, in verità, in buona parte risiede nelle strutture già esistenti e realizzate in periodi in cui il tema non era assolutamente considerato. Ma oggi le nuove strutture o le riqualificazioni e i riusi a cui sono soggette, talvolta in modo ampio, le nostre città devono partire proprio dalla risoluzione dei problemi delle disabilità. Nel progettare una struttura non interesserà così solo l’accesso agli spazi, ma anche alle esperienze per cui le singole strutture esistono. In tal senso bene si stanno muovendo alcune istituzioni museali che hanno l’obiettivo di rendere il loro patrimonio culturale accessibile ai disabili. Solo recentemente ad esempio si è cominciato a comprendere che anche chi è privo della vista può trarre piacere e provare interesse per le opere d’arte. L’arte nasce con l’individuo e lo accompagna lungo il suo processo evolutivo negli aspetti civili, sociali, morali e religiosi connotandosi come principale strumento di espressione e comunicazione nel sentire umano.
È necessario riflettere maggiormente sull’importanza dell’arte per la nostra formazione culturale e personale e sulla necessità di renderla accessibile e fruibile anche a chi ad esempio non è in grado di vedere. L’esclusione dal godimento dell’arte equivarrebbe a privarli di una grossa fetta di cultura. Era convinzione comune credere che il non vedente fosse in grado di accedere al mondo delle immagini per questo, per lungo tempo, è stato escluso dall’insegnamento della storia dell’arte e delle gite culturali, esclusione effettivamente dovuta alla scarsa competenza degli insegnanti che non disponevano delle particolari metodologie e degli specifici strumenti utili all’insegnamento al non vedente. La maggiore integrazione ottenuta grazie alle leggi e ai provvedimenti dell’Italia e dell’Europa hanno permesso la conoscenza del mondo dei ciechi e hanno fatto si che questa convinzione si andasse piano piano modificando rendendo possibile anche ai non vedenti di godere e usufruire dei beni artistici.
Spinti dalla legislazione sui diritti dei disabili, i musei di tutto il mondo si sono impegnati a rendere più accessibili le loro esposizioni. “Se un tempo il dialogo fra museologia e museografia, intesa come progettazione degli spazi, adesso, dopo il riconoscimento dei diversi tipi di “pubblico” il numero degli interlocutori si è ampliato e la considerazione dei visitatori nella loro identità umana e sociale è divenuta importante altrettanto quanto i problemi di idoneità della collezione, di conservazione e di allestimento” (Cataldo, Paraventi, 2007). Il museo è espressione culturale del territorio, memoria storica motore culturale per la collettività ma anche dell’individuo. Non sempre è facile rendere fruibile il patrimonio conservato all’interno del museo non perdendo di vista l’importantissima necessità di conservarlo e tutelarlo in modo da renderlo fruibile per le generazioni future. Non è inusuale che l’esposizione museale si serva di antichi edifici storici che però, non sempre sono adattabili alle necessita del disabile e del minorato sensoriale. “La complessità dell’articolazione spaziale e distributiva dell’architettura antica può infatti costruire una significativa barriera nei confronti del disabile visivo” (Picone, 2004, p.71).
Oggi un aiuto molto importante nel senso del cambiamento proviene dalla tecnologia e in particolare dall’utilizzo di internet. Diversi siti internet infatti (www.superabile.it, www.italiapertutti.it, www.disabili.com, www.laboratoriosipuo.net etc…) mettono a disposizione degli utenti con bisogni speciali tutte le risorse e le informazioni per scegliere opportunamente le destinazioni turistiche e per superare nel migliore dei modi le eventuali barriere presenti nel territorio.
Il “viaggiare lento” dei disabili è purtroppo ancora oggi dovuto ad una costrizione per la mancata applicazione di indicazioni o per il disinteresse pubblico più che alla disabilità stessa.
Per concludere questo mio breve intervento citerò il caso di un’istituzione paramuseale che ha l’obiettivo non solo di stimolare la fruizione culturale da parte del disabile, ma anche quello di coinvolgere la società “normale” affinché si avvii una forma di responsabilizzazione collettiva sempre più forte ed efficace.
Polo Tattile multimediale di Catania (Via Etnea 602)
Si tratta del primo centro polifunzionale in Europa dedicato all’integrazione dei ciechi e ipovedenti e realizzato dalla Stamperia Regionale Braille. L’esperienza è suggestiva: una guida non vedente ci mostra le opere esposte al museo. Sono opere che possono e devono essere toccate: la Venere di Milo, il Discobolo, la testa del David, il busto di Vincenzo Bellini, ma anche numerosi plastici: l’Etna, la Valle dei Templi, il Castello Ursino, la Chiesa di S. Giuliano. È un museo con alta valenza didattica poiché le opere, opportunamente ridotte in scala, consentono anche al normodotato di apprezzare la globalità delle dimensioni. L’idea del museo tattile è dunque un’occasione di fruizione artistica per il non vedente, ma lo è certamente anche per il vedente che si accosta ad una realtà sconosciuta, quella del buio. In tal senso molto forte è l’esperienza nel “Bar al buio”. Qui, a braccetto con la guida non vedente si percepisce la condizione della cecità e la penalità enorme che essa infligge.
La visita al centro continua con una passeggiata nel “giardino sensoriale”. La prima cosa che si nota è il “vettore”. Lungo il giardino infatti si articola un percorso sinusoidale realizzato secondo i principi della condizione del “non riposo”. Il sentiero è cioè realizzato con mattonelle tattilo-plantari fatte in modo da non consentire mai un perfetto equilibrio. In tal modo chi percorre il sentiero non può uscire per errore o per distrazione, ma solo per scelta. Il giardino è ricco di essenze isolane: arancio, limone, palma, alloro, menta, salvia, timo ecc… Anche questa è una esperienza nuova e anche questa fa riflettere.
Si completa il tour con la visita allo show room “Frammenti di Luce”, unico in Italia e tra i pochissimi al mondo. Ne esistono a Parigi, New York e Londra. Qui sono esposti materiali didattici e non, presidi tecnologici e strumenti per l’autonomia per i non vedenti e ipovedenti. I materiali esposti vengono realizzati in un apposito laboratorio di ricerca. Molto colpiscono i materiali per bambini: libri tattili colorati e realizzati anche con materiale di vario genere (legno, velluto, corda), figure geometriche piane con lo strappo e con cordicella e spilli, pedane tattili. Per i piccolissimi ho visto anche una “palla cometa”, forse così la stella cometa non sarà spettacolo riservato solo a noi!
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